Discendenze

E’ brutto sentire la distanza che si allarga in termini di comprensione e affinità con la propria madre negli anni, ho sempre pensato che crescendo e invecchiando succedesse il contrario, forse nella maggior parte dei casi è così. Mio padre è sempre lo stesso e quindi negli anni non mi sorprende ne mi delude più . Percepire invece mia madre più distante, sempre più diversa da me mi ferisce, non so bene perché . Forse perché è il modello cui mi sono sempre ispirata e vedere che non mi piace è doloroso. Eppure ha compiuto settanta anni per cui è il momento Dell accettazione, non delle critiche, forse da questo punto di vista sono io in ritardo, nonostante i miei 43 anni….
Spero che la tua clausura abbia momenti di gioia, un abbraccio.
Ho dovuto accentare tutte le tue e.  Sul telefonino “è” complicato rispettare gli accenti. Sarà per questo che mi sono resa conto di quante “è” ci sono in un messaggio così breve. Come se l’Essere fosse granitico e inamovibile, come se le cose non potessero mai + cambiare nella tua percezione. Forse x questo mi sono chiesta se “è” la morte a dare alla vita un valore assoluto. Quella morte che senti prossima perché l’età di tua madre ti fa pensare che è passato molto + tempo di quanto ne rimanga.
Ho visto un film grottesco
– the descendant – molto intrigante nella sua semplicità. Tra lacrime e risate mi sono chiesta cosa sia l’accettazione della morte. Non in teoria, non nei nostri momenti blu, ma nella realtà, quando devi pronunciare la parola che si riferisce ad una persona che è stata viva e il cambio di stato ci obbliga a vedere diversamente. Me lo sono chiesta nella posizione di chi quest’esperienza l’ha già fatta qualche volta senza accorgersi che l’altro rappresentasse l’ occasione di cambiare, di farcela, di salvarsi. L’altro che abbiamo cercato e nel quale abbiamo riposto chi bene chi male, la memoria e lo scopo della nostra vita. Perché senza l’altro nulla ha un senso, o così sembra pensarla la maggior parte di noi. E l’altro c’è fino a che il suo cuore batte, o fino a quando il suo cervello ragiona? o fino a quando ci può dire si o no? o fino a quando abitiamo entro lo stesso confine? fino a quando possiamo varcare il confine?

Come si parla a una pianta? come si comunica con un piccione?come ci si mette in relazione con un fantasma? Tutte situazioni grottesche perché in equilibrio tra “essere e non essere”
E poi il gran finale: l’eternità, oppure Dio, La Creazione…ci sono molte definizioni per descrivere quel senso di smarrimento che proviamo se anche solo per un attimo ci rendiamo conto di chi siamo veramente:  una caccola sull’orlo di essere starnutita …
eppure un centro di energia , “di gravità permanente” oggi dentro un corpo di femmina in carne ed ossa, domani…il senso della vita mi sfugge

Mio suocero dice sempre che DOPO non c’è nulla e quando lo dice io lo guardo e penso ” eh come ti piacerebbe!”

6 commenti su “Discendenze”

  1. Forse l’altro è tutto quello che abbiamo a disposizione per cercare di vedere noi stessi da una prospettiva meno “personale”. Forse non conoscendo veramente le nostre origini tendiamo a fare minimo comune denominatore con la provenienza biologica. Forse l’identificazione è una condizione indispensabile per il genere umano…
    Nonostante l’energia che metto nel cercare di non guardare ai miei figli come a un prolungamento di me, il risultato è misero. Mia madre lo ha fatto e tutt’ora lo fa, lo noto quando rimane stupita di alcune mie capacità o debolezze, che evidentemente sono agli antipodi con le sue.
    Mio padre ha un modo di proteggermi e di spronarmi che ha molto del “io ti conosco xché mi conosco”.
    Forse questo è il balletto della vita: ti riconosco, mi riconosci ed è grazie a questa somiglianza che nasce la differenza. Forse proprio dallo stupirsi, nella delusione come nella meraviglia, che nasce il diverso che tanto anela ad essere simile.

  2. Buffo che recentemente ho pensato la stessa cosa sull’età di mia madre e la mia e sono arrivata alla stessa conclusione. Ciò mi ha spronato a fare di più dato l’età. Forse mi ci voleva questo pensiero per riprendere le redini della mia vita.
    Chissà perché si passa la vita a credere che la propria madre sia una persona che sei sicura di conoscere e poi a quest’età devi ammettere che forse non l’hai mai conosciuta? E la domanda seguente è ma anch’io sarò così per mia figlia?
    Un abbraccio
    Lucia

    1. Forse l’altro è tutto quello che abbiamo a disposizione per cercare di vedere noi stessi da una prospettiva meno “personale”. Forse non conoscendo veramente le nostre origini tendiamo a fare minimo comune denominatore con la provenienza biologica. Forse l’identificazione è una condizione indispensabile per il genere umano…
      Nonostante l’energia che metto nel cercare di non guardare ai miei figli come a un prolungamento di me, il risultato è misero. Mia madre lo ha fatto e tutt’ora lo fa, lo noto quando rimane stupita di alcune mie capacità o debolezze, che evidentemente sono agli antipodi con le sue.
      Mio padre ha un modo di proteggermi e di spronarmi che ha molto del “io ti conosco xché mi conosco”.
      Forse questo è il balletto della vita: ti riconosco, mi riconosci ed è grazie a questa somiglianza che nasce la differenza. Forse proprio dallo stupirsi, nella delusione come nella meraviglia, che nasce il diverso che tanto anela ad essere simile.

    1. il riconoscersi nell'altro è un' argomento piacevole e doloroso allo stesso tempo. Non si dice forse "chiodo scaccia chiodo"? Nel senso che siamo fatti di spazio(siamo vuoti a riempire) in realtà mai vuoti. Una presenza che non c'è +, indipendentemente dalla causa di assenza ma coerentemente a questa viene sempre riempita da un'altra presenza fisica o dal dolore della ferita che questa assenza ha inflitto.

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