the answer my friend is blowing in the wind

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Ci son molte cose belle, ricche e piene che sono entrate e uscite dalla mia vita lo so. Ma ci sono momenti , come oggi,dove le mie parole cadono come  foglie morte d’ autunno in un bosco di piante decidue.
 Ascolto il giovane tecnico, ha lo sguardo di chi la sa lunga e un sorriso che gli piove in giù  e penso: è trasparente come un’acciuga di cui sia rimasta solo la lisca. Il suo collega un po + vecchio ha già avuto qualche scorcio di realtà che gli ha imbrattato la camicia e la scrivania, è più silenzioso e schivo, ma sembra a tratti di volersi liberare, parla con un certo impeto poi le parole rallentano e lo sguardo si spegne. Il capo, o quello che per età dovrebbe esser + vicino all’esperienza della vita, così come la conosco io, sembra aver dormito in troppi letti diversi, mangiato troppi cibi etnici, studiato troppi fenomeni sociali
Trattenere il fiato, come in un esercizio ginnico per rafforzare  gli sfinteri . Vivere in apnea e farci l’abitudine. E’ questo che svuota e invecchia. Forse non è affatto un mio coetaneo. Mi sboccia un pensiero: miliardi di anni pieni di nulla, di nulla che accade giorno dopo giorno, dopo giorno.
E’ passata qualche ora, nella mia commedia quotidiana è cambiato il fondale.
Appoggio i piedi sul sedile di fronte, non è un gesto menefreghista ne arrogante, sono stanca, ho dormito poco e nulla, sono sveglia dalle 5 di mattina. Un passeggero che occupa il sedile di fianco al mio dice senza quasi rivolgersi a me “magari qualcuno potrebbe volersi sedere su quella poltroncina”
rimetto i piedi a terra.
Lui ringrazia lezioso e accusatorio
Poi una signora di una certa mole fa per passare e incespica nella borsa che il passeggero zelante ha lasciato a fianco del suo sedile
“forse la sua borsa non dovrebbe stare li, è di ingombro a chi passa” dico
“se le da noia la tolgo subito, spero che abbia il biglietto di prima quando passerà il conduttore”risponde
una schermaglia che potrebbe non aver fine, ma mi suona il telefono, esco sul pianerottolo di congiunzione tra i due vagoni per rispondere
E’ una chiamata di lavoro e mentre parlo sedimento parole
Crescita, cosa vuol dire questa parola?
Tutto cresce; la frutta, un bambino, il tasso di mortalità a causa del cancro e delle malattia coronariche, la frustrazione della gente che cerca giustizia personale in uno scompartimento di un treno locale…  crescita non è sinonimo di BENE come spesso siamo tentati di pensare.
La crescita è un’azione che si può osservare applicata praticamente ad ogni cosa.
Forse si può scegliere, in quale direzione, con che energia, con che passo, ci sono piante secolari che misurano centimetri.
Crescita. E’ la parola + inflazionata dei nostri giorni, speriamo e poi temiamo e ci chiediamo quando torneremo a crescere. Crescere, sinonimo di ripresa, modello economico basato sul consumo.
Riprendo il mio posto, il sedile difronte ora è occupato da una signora che sembra indifferente al rigagnolo d’acqua che le cola sulla spalla dal condizionatore soprastante. Chiudo gli occhi e sono altrove.
Vedo la mano gonfia di mia madre e mi sembra così ingiusto, guardo la faccia preoccupata di mio padre e mi sembra così ingiusto. Il portico pieno di noi, della nostra famiglia che ha fatto e detto molte cose. Piccoli gesti, grandi parole, risate dei + giovani sospiri dei + anziani.
E’ un mantra di lessico ordinario
Hai mangiato da saziarti?, hai dormito a sufficienza? Sei contento? come và questo e quello?
ma il mondo sta davvero per finire?
Saremo cresciuti abbastanza?

blu

é solo una bici- mi sono detta mentre la vedevo sporgere dal camion, poi ho allungato la mano e ho tolto il coprisellino. Una bici su cui ho appggiato il mio deretano x anni, a cui ho tenuto come se fosse l’unico oggetto posseduto. Una bici a cui ho delegato la rappresentanza di un’amicizia

Quando mia madre si è trasferita da trezzano a milano, a casa mia sono finite tutte le cose che non poteva dare a nessuno ma che le dispiaceva di buttare. Tutte le cose di qualche valore sono andate a casa di mio fratello. Il motivo è che mia mamma ama gli oggetti + di quanto ami le persone, quindi li da a mio fratello x assicurarsi che vengano ben custoditi, non xchè ami + lui. Lei non se ne rende conto ovviamente e qundi non la giudico, ma questo non vuol dire che le sue azioni non mi facciano soffrire

Di recente le ho regalato una caffettiera d’argento, che le piaceva molto e che a parer suo stava inutilmente mal esposta a casa mia

Questo l’ha resa molto felice. In questo dono c’è un contenuto, io ho fatto quello che la rende + felice, non quello che rende + felice me, xchè x me quella caffettiera d’argento vale molto meno della mia vecchia moca da due.

La bici e il fatto che l’ho cavalcata per tutti questi anni spero che sia per chi la porta via un modo per ricordarsi di me, si è certamente così

Nel mio corpo astrale scoperò con chi mi pare( storie di sesso e molto altro)

C’era un casino bestiale in questo sogno, giuro che non ricordo veramente i fatti ne le persone, ma tutto era così familiare, un dettaglio lo rendeva speciale

Il dettaglio aveva un colore, blu e una forma, un insetto. Ma non un instto qualunque, di quelli che ti puoi immaginare simile a uno scarafaggio, un acaro o una cavalletta

era la rappresentazione grafica animata di uno pseudo virus in dimensioni giganti.

Scivolava su sfere gelatinose che rilasciavano piccole bolle solide e cercava un passaggio sul mio corpo. C’era quasi riuscito quando in un movimento parzialmente conscio, scivola ma rilascia delle bolle una delle quali mi risale per il naso. Poi mi sveglio.

Quella mattina, dopo aver prestato sevizio come conduttora di pedibus, decido di andare a ritirare il libretto scolastico di mio figlio maggiore,  sono accompagnata dalle chiacchiere di altre mamme, i cui figli frequentano tutti lo stesso istituto elementare di mio figlio minore. Sono abbastanza concentrata su quello che dicono perchè il mio progetto ha come obbiettivo di regalare a mio figlio compagnia sulla strada verso la scuola, soprattutto in odore di prima media, dove dovrà comunque andare e tornare da solo.

Spesso le cose più innocenti, e fatte con le migliori delle intenzioni, degenerano in invidia e pettegolezzo, quindi ascolto con attenzione e doso le risposte, insomma sto lavorando e cerco di essere “professionale” .

– a me non è arrivata notizia di questa cosa, dice una di loro, e subito le fa seguito, nemmeno a me figurati a me l’ha detto..

– In tutta franchezza, esordisco con un sorriso sulla faccia e le piume abbassate, non si tratta di nessun progetto, io Carla e Cinzia abbiamo messo insieme i nostri 3 figli perchè possano rendersi autonomi nell’andare a scuola. Ovvamente li accompagnamo per qualche giorno, alcune mamme ci hanno seguito e ci hanno chiesto, così è nato un pedibus autogestito, senza la volontà di includere o escludere nessuno…

Si rilassano e cominciano a richiacchierare tutte insieme, non c’è più il pettegolezzo o pietra dello scanalo, non c’è + un capro espiatorio che potrà prendersi la colpa del fatto che tizia e caia non sono state coinvolte…

All’altezza del comune, saluto l’ultima delle mamme e raccolgo un complimento fatto con garbo: “facciamola davvero questa pizza, ho notato che da quando facciamo così le cose funzionano davvero meglio”

Code di pensieri fanno un po’ di fatica a trovare continuità. Mentre cammino, quella sfera blu sembra farsi spazio dentro di me; chi sa cosa rappresenta il colore blu, le sfere…l’insetto lo so da me cosa rappresenta!

Infilo la porta della guardiola- in che classe è suo figlio?

seconda liceo, rispondo come un automa,

La bidella sorride inarcando il sopracciglio e chiedendosi se sono dotata di un cervello – in che sezione?

Abbozzo un sorriso, scendo sulla terra e gurdandola implorante negli occhi in un inutile sforzo di memoria, riesco a partorire la frase -forse nella e o nella d

-Come si chiama di cognome suo figlio, aggiunge cercando di mettere l’accento sul COGNOME. ma io sono proprio presa dal blu di questo corpiciattolo che ha lasciato un suo uovo dentro di me e ripeto il nome e poi, solo poi, aggiungo il cognome.

Ci dev’essere gente che sogna marziani tutte le notti e che viene a ritirare il libretto scolastico dei propri figli come se niente fosse. Io non sono certo il peggiore dei casi,  la bidella sembra saperlo, molto gentilmente mi porge un foglio di carta e mi fa apporre due firme.

Torno in strada e un piede dopo l’altro sto andando verso lo studio del mio amico/medico. Sono in buona e voglio condividere questo momento  anche per mettere a pari certe schermaglie per e-mail, e poi chi sa se mi sentirò altrettanto bene un altra volta che passo di qui?  Gli avrei mandato un sms o insomma l’avrei avvisato, ma sicuramente non oggi, quest’uovo blu mi dirige come una puntina simbiotica

L’aria che respiro è rarefatta e tutto mi sembra speciale come se accadesse per la prima volta. Le case hanno contorni definiti, vedo tutte le insegne e ognuna mi accende un ricordo . Con le mie gambe e i miei pensierini che seguono sferici e blu, suono al citofono, il portone si apre senza risposta, come al solito,  non perché lui sappia chi è, solo perché non risponde e basta e forse crede di sapere sempre esattamente come andranno le cose, quindi anche chi suonerà al citofono nei prossimi cento anni.

Salgo le due rampe di scale ma non sono qui e soprattutto i miei pensieri, non sono qui. Apro la porta a vetri, è tutto come tre settimane fa; a lui non piacciono i cambiamenti, anche quando rinnova, rinnova sempre conservativo. In sette anni che frequento lo studio non ha mai cambiato la disposizione di un singolo oggetto. Sospetto che se una cosa diventa lisa o obsoleta, la sostituisca con l’oggetto + simile o se possibile, uguale.

La porta dello studio è quasi chiusa, tendo l’orecchio per capire se dentro c’è qualcuno. Non sento voci e nemmeno rumore di tasti digitati, evidentemente aspetta qualcuno e si aspetta che questo qualcuno varchi la soglia, ora sembro così precisa ma è solo un ex post. Non saranno passati 30 secondi dalla mia entrata che ho deciso di uscire senza lasciare traccia del mio passaggio. Mentre sto per schiacciare il pulsante che apre il portone da dentro, questo scatta da solo e sulla porta incontro una mia carssima amica

– accompagnami devo ritirare una ricetta

–no scusa ma non posso, sono salita e non sono entrata, se vuoi ti aspetto qui

torna con in mano un foglio e la vedo perplessa mi chiede

-ma su c’era qualcuno?

-no ma la porta era socchiusa, tipico di quando sta facendo qualcosa e non vuol essere disturbato ma attende qualcuno

Andiamo a prendere un caffè insieme e facciamo una strada che altrimenti , da sola, non avrei fatto. A metà strada, sulla piazza del duomo, la vedo; ha il capo basso i capelli raccolti in una coda rimedio dell’ultimo minuto. E’ vestita in qualche modo, con jeans e camicia troppo stretti, anche lei mi ha visto, le faccio un sorriso e la saluto con la mano e pronunciando un ciao grazioso.

Io sono contenta è una bella giornata di sole, lei è afflitta e compressa o così mi sembra mentre rimbalza sulla sfera azzurrata di un immaginario scudo che l’ovetto blu sta producendo tutto intorno a me.

Sta andando da lui e se mi avesse trovato anche solo sulla base del pianerottolo avrebbe pensato le cose peggiori e avrebbe avuto modo di scaricare su di me tutta la colpa della sua vita infelice.

Una sensazione di immediato appagamento, come il terzo pezzo gigante di toblerone che mi sto ficcando in bocca adesso.

Quando con la vespa ho scavallato l’argine quello stesso giorno, ho cominciato ad avere una sensazione di pesantezza, mi sono sentita debole e meschina, tronfia delle mie stupide false conquiste, di cui ho bisogno per sentirmi bene e meglio degli altri

“Spesso sappiamo quello che vogliamo, ma non possiamo volere quello che vogliamo”. Avevo archiviato questa frase da qualche parte, incerta del significato, della forza o della banalità.

Forse avrei dovuto fermarmi al primo pezzo di toblerone,  affondo nell’eccesso, ho bisogno di sentire nausea per sentirmi paga e vorrei, vorrei tanto ma…