sei libero?

ciao priscilla
un’amica a roma si sta laurendo in sociologia con una tesi sulla libertà, cosa è oggi libertà come persona e poi come donna… domanda di una certa profondità e vastità.

Per me libertà è data da dentro, mai da fuori.

Se la libertà viene da fuori questa per statuto non c’è, si nasce e la prima mossa è la registrazione del codice fiscale da lì in poi è tutta misurazione, calco prestabilito fatto di censo, razza, geografia, aspettative patriarcali e matriarcali.

Quindi in sostanza non ne vedo da fuori.

O meglio la libertà individuale si intreccia visceralmente con quella sociale. Forse libertà è per forza di cose nella relazione con il mondo.

Parte dunque da un’esperienza interna che paradossalmente coincide con la liberazione da se stessi per partecipare nel mondo. Quindi non viene da fuori ma ti porta fuori da te. Sono libera quando mi dimentico di me, della mia testa nell’accezione di testa vincolante, di testa padrona di tutto. Sono libera quando dimentico le mie idee, i miei pregiudizi e accolgo.

Quando ho sincera intimità con le persone, quando faccio l’amore, quando corro in un prato e sento il vento e la terra. Quando mi sento unita al tutto. Liberata dall’ego.

E’ quando coincido con quello che sono, quando incontro il mio daimon lo riconosco e lo incarno senza falsità. Come direbbero testi sacri indiani TU SEI QUELLO, come direbbe la grecità CONOSCI TE STESSO. Quando c’è coincidenza fra il fatto e quello che sono.

E’ quando non ho paura (ancora la paura appartiene alla testa e si trasmette al corpo). Dire quello che penso al momento giusto, dire un sentimento, dire un desiderio, come donna mi sono sentita liberata quando ho detto ad un uomo che lo desideravo oppure che potevo fare a meno di lui perché i percorsi non coincidevano.

E’ l’indipendenza economica che permette il movimento fisico di conoscenza, viaggiare per esempio. E’ quando ho tempo.  Soprattutto come donna libera professionista con un figlio. Quando dilato ed estendo come un elastico tempo e spazio. Quando creo nuovi mondi e nuove assonanze per lavoro. Nella creatività mi sento libera.

Quando nessuno sa dove sono, quando rispetto la relazione che ho davanti e la faccio fluire libera per quello che è togliendomi da quello che vorrei o che dovrebbe essere. Mi sento libera quelle rare volte che c’è armonia fra corpo e mente.

Mi sono sentita liberata quando ho partorito, viaggiato da sola, smesso di fumare, quando non ho detto a tutti quello che facevo. Quando ho tenuto il segreto. Quando ho chiesto a mia madre di stringermi forte.

Se penso ad un’immagine che mi porta alla libertà penso ad un funambolo, a un soffitto che diventa un pavimento, ad un respiro, al vento che colpisce le foglie dell’albero, allo schiamazzo in cortile dei bambini, la trasparenza, il vuoto, l’acqua.

Lo scritto è sensibilmente legato al tempo presente, la riflessione cresce con me.

aspetto tue e di altri, simona

Un tetto per l’arte

Esiste una stanchezza dell’intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la stanchezza dell’emozione. È un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di respirare con l’anima –   Fernando Pessoa –

http://www.artnews.rai.it/dettaglio_puntata.aspx?IDPuntata=1024

“Per fare qualcosa di diverso dalla televisione bisogna essrere televisione”. Questo uno degli enunciati proposti all’interno di una mostra dal titolo Are you Ready for TV?” Che si puo visitare in questi giorni al MACBA di Barcelona.

Per distinguersi da qualcosa, bisogna prima essere uguale a qualcosa. Così funziona la natura,il processo di evoluzione.
I motivi di ciò sono che l’imitazione è uno degli strumenti più efficaci di conoscenza, quindi attraverso il processo di mimesi si creano prima simili e poi dissimili .Inoltre sembra che il nostro modo di approcciare la vita sia prima di capire ciò che non vogliamo. Questo processo di esclusione è spesso empirico, ma non è inusuale che di associazione in associazione si possa riconoscere come proprio qualcosa di molto distante da se. La sofferenza, l’ inadeguatezza, che ne derivano potrebbero spingerci a cercarcare nel diverso ciò che ci appaga: l’urgenza dell’arte.
I filmati in mostra riproducono, campionano una realtà mediatica. Parlano di concetti, filosofia, politica,storia, arte… senza spendere parole, ma solo riproducendo immagini. Le sequenze, la collocazione temporale e geografica, compiono il miracolo.

Questo ovviamente è reso possibile dall ‘immenso autorevole potere dell’etichetta referenziante dello spazio museale che le ospita, uno spazio architettonico firmato da un brillante architetto, nel cuore pulsante di una città famosa per per la sua necessità di distinguersi dal resto della Spagna, utilizzando ogni strumento, compresa la lingua; Barcelona di Catalunya.

Come ci mostra uno dei video esposti , classificato sotto la sezione: l’ instancabile comico, l’arte, soprattutto quella concettuale, al di fuori di uno spazio museale dedicato, perde la sua oggettività.
Accade per delle linee tracciate sul muro di una sala espositiva che si portano senza soluzione di continità all esterno, diventando semplici linee, che forse sono decorative, o utili ad informare riguardo all utilizzo di quello spazio sul muro di un cortile? Un banale passaggio di cavi? un indicazione a non parcheggiare?

La Montagna di Sale, istallazione  di Domenico Pladino che a breve comparirà in piazza Duomo a Milano,  spostata all uscita di un casello autostradale perde la sua oggettività artistica e diventa sale da spargere sull’ asfalto, quindi simbolo e avvertimento di imminenti nevicate.
Al di fuori dello spazio museale, le immagini della mostra al MACBA tornano ad essere solo televisione, come Cenerentola, pur rimanendo fisicamente le stesse, perdono la regalità che la scarpetta di cristallo e cemento, ideata da Richard Maier, ha loro conferito.
C’e quindi da chiedersi: ma il museo fa l’ arte?
Apriamo qui un altro capitolo che potremmo chiamare la costruzione e affermazione di un simbolo.
L’ architettura costruisce simboli largamente condivisi, conferisce materialità e stabilità all’ effimero concetto di arte. Il binomio arte e casa dell arte ha forse punti di contatto con l’ arte primitiva?

La casa Degli uomini haus tambaran in nuova Guinea, un edificio imponente, costruito interamente di vegetali, contiene pezzi di arte primitiva, sono oggetti di uso privilegiato, ossia che vengono ideati e costruiti per essere dedicati a particolari occasioni di importanza assoluta, la vita, la morte, l’ età adulta, il genere… Mi spingerei fino a dire che l’ arte concettuale chiude il cerchio, si ricongiunge con l’arte primitiva. Utilizza imitazioni di oggetti di uso comune, facendone simbolo concreto, ma allo stesso tempo astratto, del potere e della solenità, che l’uso di questi oggetti, ha loro conferito. Per consentire la consevazione di questi oggetti, simboli, poteri, viene loro dedicato un posto architettonicamente imponente e autorvole, che duri vettorialmente nel tempo, che elevi a forma d’arte ciò che oggi è stato scelto dall’establishment per il popolo e preservi nel domani, per la storia di chi verrà.