13/19 febbraio 2014 – Compiti per tutti. Scriviti una bella, lunga lettera d’amore. E, se ti va, mandamene una copia.

“Toro20 aprile – 20 maggioPrecedente Successivo
“Il fatto che qualcuno ti ami non deve farti rinunciare al progetto di amare te stesso”, scrive la blogger Sahaj Kohli. E io aggiungerei che non c’è proprio niente a ostacolarti in questo progetto. Prima o poi, che sia adesso o tra vent’anni, dovrai padroneggiare quest’arte. Non è sufficiente provare affetto per te stesso, cercare il piacere ed evitare il dolore. Devi indagare a fondo per scoprire cosa significa amare te stesso, devi elaborare un piano rigoroso per farlo, e impegnarti seriamente a portarlo avanti. Le prossime settimane saranno un periodo ideale per lavorare a questo progetto”.

2 giorni fa verso le 11 di sera un daino mi ha attraversato la strada. Uscivo dal cancello di casa per andare a prendere mio figlio al ponte.

La cosa curiosa è che arrivata al ponte, davanti a me parcheggia una limousine bianca lunga come un autobus. La porta del conducente si apre. Scende un uomo, o così pare dagli abiti (in livrea), che si tocca il cappello, si aggiusta la giacca e poi con fare un po’ impacciato ma con tanta grazia da mettermi in avviso sul fatto che sia realmente un uomo, libera gli occupanti dei sedili posteriori. Ne discendo tre strane ragazze, tutte con parrucche o capelli (non saprei dire visto l’ora tarda e la scarsa illuminazione) dai colori accesi e sicuramente non naturali.

Recupero mio figlio che, di notte, con quella sua camminata dinoccolata, la capigliatura afro, l’evidente dredlog e il cappotto fighetto, completa le tripletta delle apparizioni.
Essendo la mamma di uno dei 3 miraggi, ne deduco che anche gli altri due hanno ragioni perfette e concrete per esser li dove io li ho visti.
Uno spettatore alieno a tutte queste realtà e che avesse, come me, esperienza visiva triplice e consecutiva, avrebbe potuto desumerne che si trattasse di una sera molto speciale, in cui qualcosa accadeva, di altrettanto speciale e inosservato. Forse si sarebbe spinto fino a pensare che essendo lui uno dei pochi, se non l’unico spettatore, di eventi così insoliti, questi presagissero un evento straordinario che lo riguarda. Forse, con altrettanta probabilità, avrebbe cominciato a cercare con attenzione mai dedicata e a quel punto, quasi certamente, avrebbe potuto celebrare una scoperta interessante.

Il mio, è uno di quegli strani casi, in cui mi trovo seduto tra il pubblico pur rivestendo il ruolo di aiuto-regista. Ma è poi così strano? Guardo la platea e mi interrogo e giungo alla conclusione che di spettacoli in cartellone ce n’è un cucuzzaio. Quanti di loro, qui seduti al buio, attenti e in incognito hanno un ruolo simile, o persino uguale al mio? Stessa sala, palcoscenico, magari anche attori e cambia il titolo? E fuori di qui, quanti altri teatri…

Nel mezzo di questa erranda allucinata mi soffermo su un ricordo, un dettaglio di questa settimana, un incontro inatteso ma presagito, imbarazzante e insolito.

Chi cerca trova…sempre. L’importante è non chiedersene mai il significato. Se c’è , se è necessario che io lo sappia, arriverà da se che prima o poi, ne faccia reale o anche vera conoscenza.

La risposta è certamente…

“Something happened here. In your life there are a few places, or maybe only the one place,were something happened,and then there are all the other places”

Alice Munro, FACE, Too Much Happiness

E sono qui a pensare, a cercare di sentire se esiste un posto o + di uno, dove tutto è accaduto…

Ho un dolore sotto il costato a destra che tocca la scapola, come un ferro grosso e tozzo che cerchi di farsi strada da un capo all’altro del mio torace. Credo si tratti della mia poca capienza, di una certa deficienza nell’espansione e di una esuberanza nella contrazione. Come se i muscoli super-tonici potessero affrontare ogni carico ma fossero incapaci di rilasciarlo. Un ossimoro che nel tentativo di risolversi si rivela nel dolore figurato di un attrito trapassante.

“Lasciati andare e fatti informare dal futuro” al ricordo di queste parole il dolore si fa + localizzato e appuntito. Una frequenza precisa, nulla di casuale. Come una ricerca avanzata su Google; nei primi 10 risultati si vede solo quello che c’è. E c’è x un motivo assai preciso.

Perché d’un tratto le cose siano chiare rimane sempre un mistero

forse non siamo tanto diversi da un motore di ricerca, forse non siamo coscienti che il nostro intero sistema prende nota di ogni cosa che accade, ma perché il presente ne risulti informato ci vuole molto tempo e allenamento.
Le informazioni devono essere richieste in modalità efficiente ed essere elargite con al maggiore sincronia possibile.

Un meccanismo, se così si può definire, che ostacola questo processo di ottimizzazione è il rimorso, uno che l’agevola il perdono

Se compio un azione e per una concomitanza di eventi decido che non ne vado fiera ne conseguono due modi possibili di operare
in uno ammetterò un incompetenza, deficienza, incapacità… mi chiederò se avrei potuto fare diversamente e una volta ottenuta la risposta, qualsiasi risposta, deciderò di perdonarmi
nell’altro vedrò la mia incompetenza, deficienza, incapacità…non avrò la forza di chiedermi nulla, rimbalzerò questa informazione al mittente provando un rimorso più o meno consapevole

Nel primo caso l’informazione sedimenterà con un suo percorso più o meno logico ma rintracciabile ad ognuno
Nel secondo caso l’informazione causerà un errore di ricerca, errore che verra trascritto un certo nr di volte , spesso troppe, tali da causare un loop tra la ricerca e la risposta e quindi l’eco di un errore di cui si è persa l’origine.

Il perdono diventa occasione di comprensione e di accoglienza, una modalità per rivedere ciò che è accaduto da un altra angolazione: se abbiamo pazienza quel tanto che basta potremo cercare di non commettere lo stesso errore, forse un’altro, uno diverso e ancora dovremo avere pazienza quel tanto che occorre a perdonarci. Alla fine del percorso il nostro margine di errore sarà estremamente basso, per le cose meno complicate praticamente nullo e l’informazione sul perché o sul come, esigibile con la massima sincronia possibile in questo mondo universo.
“…e se oggi mi dicono: resistere, resistere, resistere “
E’ solo perché Si tratta di processi lunghi per ottenere informazioni magari apparentemente banali, eppure sono processi che svolgiamo a milioni senza possibilità di fare diversamente, tutti i giorni.
Tanto vale resistere, riconoscere e perdonare.

Non insisto con la ricerca, provo piuttosto a lasciare che la schermata, con le sue informazioni precise, mi offra una mappa omeo-analogica.

Gli alberi secchi e bianchi, così tridimensionali sul cielo finalmente azzurro si riflettono nell’angolo della montatura dei miei occhiali rossi, suggerendo una ferita tra ciò che vedo e l’immagine riflessa. l’immagine riflessa non è così nitida ne così tridimensionale.
Cosa sarà vero e cosa reale?
Tra un sorso di caffe e un po’ di aranciata mi godo la mia mattina da super mamma vinta a Geo in una scommessa facile come sparare sulla crocerossa.Me ne vergogno un po’ma neanche tanto, lui ha 11 anni e deve imparare ancora molto, ma sicuramente ha imparato a perdere sportivamente. Io mi godo la colazione a letto con vista dalla finestra sul bosco, immersa in questi deliziosi racconti canadesi.
La sincronia tra il dolore al costato che si dilegua e la lettura di quest’ultima riga è melodica:

“the answer is of course, and for a while, and never