E’ bene ricordare che lo Shangrilla si trova in Pakistan.
Questo posto mitico sospeso tra le nuovole dove la gente non invecchia mai ha alimentato i sogni di molti portando i grandi esploratori dei secoli avventurosi ad incontrare queste montagne nel loro viaggio verso l’Utopia.
Per essere precisi lo Shangrilla andrebbe collocato nella regione di Hunza, meta del mio precedente viaggio Pakistano, ma, vista la breve distanza da Chitral, mi piace pensare che il paradiso appartenga ai Kalash.
Ovunque un tripudio di acqua. Non solo un limpidissimo fiume ma una serie di canali che sempre ti costeggia e taglia il cammino. Tutto e’ di dimensioni limitate e di una armonia naturale che non puo’ che renderti sereno. I bambini raccolgono le noci, gli adulti lavorano i campi, l’acqua scorre trasparente sopra sassi e canaline di legno, la mucche, le capre e le galline pascolano liberamente poiche’ qui, la sera, ogni animale sa di dover tornare a casa. Persino il saltuario rombo dei potenti Land cruiser del 70 (circa uno ogni tre ore) sembra disperdersi nel perenne gorgoglio di Bumburet (una delle tre vallate che costituiscono la valle Kalash).
Qui tutti sono sereni, gli erbivori in particolare. Sempre nelle montagne si respira odore di Marijuana, cresce selvatica ed e’ certo per questo che mucche e capre sembrano tanto felici.
Siamo stati a Bumburet per soli tre giorni spendendo quotidianamente 40 centesimi per dormire e 60 per mangiare. Il Paradiso e’ decisamente piu economico del nostro Inferno.
Nell’ultimo dei nostri giorni presso i Kalash abbiamo raggiunto il villaggio dei nuristani. Questa gente arriva per l’appunto dalla regione Afghana del Nuristhan dalla quale distavamo di soli pochi km, o meglio di una montagna. In una casa del villaggio abbiamo goduto di grande ospitalita’ passando due piacevoli ore con una famiglia piena di sporchissimi e simpaticissimi bambini. (Padre e figlia sono ritratti nella foto del precedente post).
I Kalash, con i loro copricapi colorati, visi aperti e solari, sono una cosa troppo diversa per poter sopravvivere ancora a lungo. Uomini e donne sono apparentemente sullo stesso piano e queste ultime ti gridano il loro saluto (Shpota !) per poi venirti a stringere vigorosamente la mano e abbracciarti con forza. Il Pakistan purtroppo e’ talebano e fondamentalista, la gente spesso e’ ottusa ed e’ per questo che le donne che si vedono in una settimana possono contarsi sulle dita di una mano. I Kalash un tempo erano molti di piu’ ma, non potendo molti accetttare la esistenza di tanto colore, o meglio di Pakistani non Musulmani, e’ stata intrapresa nei loro confronti una campagna religiosa degna dei peggiori Gesuiti.
Oggi la regione e’ abitata da un misero 30% di Kalash mentre il restante 70% e’ costituito da convertiti e da coloro i quali hanno abbondonato i luoghi troppo affollati.
Purtroppo, secondo molti, il tempo dei Kalash e’ venuto e gli eredi di Alessandro sono condannati a sparire nell’arco di un ventenio.
Alla valle Kalash abbiamo dovuto prendere una risoluta decisione: Lasciare quel suono che oramai aveva ovattato i nostri cervelli, rallentando metabolismo e mente, per andare in contro a quella che e’ purtroppo la vera dimensione del ventunesimo secolo. Strade, clacson, traffico, rumore.
Siamo tornati a Chitral da dove all’indomani ci saremmo mossi per Swat
Un bel racconto in italiano sul blog, una bella lettera via email in questo tuo tedesco strampalato e simpaticissimo. Cosa devo dire? Sono contento di voi e per voi. Alexander
Le mandrie che pascolano tra la mariujana mi hanno riportato indietro allo stesso pensiero che ho fatto nell’Hararino tra le capre che brucavano in qat. Forse loro pensavano invece di essere molto attive e lucidissime.
Purtroppo hai ragione Martin, teno anche io che questi paradisi siano destinati alla scomparsa. Temo che sia nell’ordine delle cose. Si tende sempre verso il degrado, verso il peggio. Penso ci sia sotto una legge della fisica…che coincide sempre piu’ con la religione..
Malindi e’ gia’ fottuta, ma comunque vi aspetto per espormi a tutte le tue critiche, come vuole la tradizione.
Ieri ho bevuto una birra (anzi lui 3) con Aidan, lo scrittore di “The Zanzibar chest”. ‘E molto simpatico. Saro’ contenta di presentartelo.
Alla prossima cari!