INNOCENTI RIFLESSIONI SULLA GRANDE FORESTA

Di molti posti in cui ho vissuto, America, Australia e Sudafrica inclusi, ho trovato in questo piccolo triangolo argilloso tra due fiumi un’atmosfera di magica energia assolutamente inaspettata.

la mia finestra sulla prospettiva dei campi, incorniciati ai bordi dall’orlo scuro di alberi irregolari, è sicuramente la porta di ingresso ad un eden terrestre.

Per anni, felicemente negletto dalla popolazione locale e incidentalmente riscoperto grazie ad un mix di virus e installazione di una banale grande panchina di ferro, questo delizioso enclave rischia di regredire allo stato pregresso: un luogo come tanti, abusato e senza valore.

Tra la mia privilegiata finestra e il parco ribattezzato “la grande foresta”, si allargano verso le sponde del Ticino, nel tratto in cui le sue acque chiare si uniscono a quelle limacciose del PO, alcune pertiche di seminativo

La grande foresta nasce agli inizi del 2000 da un progetto volto al recupero di territori del parco del ticino , per un ritorno alla flora e in seguito la fauna autoctone. 

Questa visione originale ha, come suole nel corso del tempo, ispirato nuovi pensieri meno concentrati sul recupero naturalistico e + improntati allo sfruttamento della risorsa. In questo secolo, Dopo lunghi anni di acerrime battaglie, spesso vinte dell’uomo sul breve periodo e poi  rivendicate da madre natura in maniera violenta, si fa strada l’idea che occorra vivere la coabitazione uomo natura, con + rispetto o almeno con maggior tolleranza.

Passeggiando con i cani nella foresta, capita che venga interrogata sulla pericolosità dei cinghiali o delle volpi. Solitamente rispondo: “sono quasi vent’anni che percorro questi sentieri e non sono mancate le occasioni in cui ho sorpreso con un po’ di batticuore uno o + di questi usuali abitatori.Neanche il tempo di fare un selfie: fuggono al riparo dai miei cani e soprattutto da me ” .  Vivendo in questa zona, spesso mi capita di raccogliere involontariamente chiacchiere altrui sul decadimento delle strutture e la poca cura dei sentieri. A mio avviso tutto ciò che è stato artificialmente creato per dar vita al progetto, ha fatto autonomamente molta strada; In alcuni punti la natura da sola si è costruita architetture così piacevoli e lussureggianti che si fa fatica a pensarsi a meno di 10 km dal ponte coperto di Pavia. Nel progetto non potevano mancare panchine, tavoli, giochi per bambini e percorsi fitness per adulti, ma soprattutto innumerevoli contenitori per le immondizie che nessuno svuota. La foresta confina con una bella spiaggia che soprattutto d’estate è raggiunta in macchina da villeggiatori abusivi, che fanno fuochi e abbandonano le loro immondizie nei presunti raccoglitori e + spesso direttamente sulla spiaggia. Per la foresta sfrecciano ciclisti in divisa da corsa che pretendono (senza chiedere) un passaggio preferenziale: dovrebbe esserci un limite di velocità a massimo 10 km orari anche per le bici, e un segnale di /ciclistica di velocità /non gradita, in modo che tutti si possa godere degli stretti passaggi, senza il pensiero di doverli modificare o umanizzare.

A mio avviso, attrattive di sfruttamento della risorsa, potrebbero essere ospitate all’ingresso del parco e non nel parco, che come si era detto, dovrebbe mirare al recupero delle doti naturali e autoctone e quindi vissuto con + rispetto e tolleranza sia per la fauna che per la flora. 

Il parco dà ai territori limitrofi, infiniti spunti per immaginare aree ricreative con servizi e prodotti in noleggio o in vendita che possano soddisfare la voglia di vivere la natura con qualche piacevole incentivo o anche di domarla con orti laboratorio, nei quali cogliere in autonomia i vegetali che si intende acquistare. Non vedo la necessità di infliggere alla foresta questa missione. La foresta dovrebbe essere quanto + è possibile priva di servizi ed oggetti, compreso arnie, sculture aree ricreative cestini, che a mio parere troverebbero una miglior collocazione nel seminativo confinante. 

All’ingresso sud della foresta una vecchia cascina, che evidenzia assurdi atti di vandalismo, potrebbe invece diventare una sorta di lodge, per ospitare una comunità residente. La comunità composta di studenti o tirocinanti potrebbe occuparsi di cultura naturale e dell’osservazione della vita del parco con esposizione di mostre fotografiche e laboratori, segnando un confine oltre il quale, chi accede riporterà con se ciò che ha in tasca e non pretenderà altro che i servizi spontanei di madre natura.

Per quanto riguarda il seminativo, travacò ha ottenuto la qualifica di comune slow durante ‘expo e potrebbe mirare ad una riqualifica delle aree produttive  tradizionali in culture biodinamiche/ biologiche, se non addirittura alla produzione di semi o erbe mediche. La  produzione agricola nel rispetto della natura e anche della salute umana, oggi sembra avere grande successo politico e tra i consumatori, disposti entrambi ad investire, sempre in un ottica di coabitazione nel reciproco rispetto tra natura e uomo.

Per concludere, Travacò con i suoi 2 fiumi, la vicinanza al centro di PV e i vari percorsi di congiungimento, anche grazie alla prossimità con la tangenziale, potrebbe diventare a mio avviso, un distretto biodinamico molto rinomato grazie soprattutto alla conservazione della Grande Foresta, senza che questa si tramuti nell’ennesimo parco cittadino. Lo sviluppo e il mantenimento di aree di rispetto e cultura di coabitazione uomo natura darebbe vita ad attività agricole rivolte al turismo di prossimità ma di qualità, proveniente dalle metropoli vicine. Ma per far crescere tutto ciò occorre seminare il futuro e non sarà facile scegliere di rinunciare as supporto immediato di facili gabelle provenienti dalla costruzione di edifici industriali e desertificazioni a scopo residenziale. Altrettanto impegnativo sarà per gli agricoltori esplorare nuovi progetti a diverso rendimento…io tifo per la grande foresta !